Vicini ma lontani ovvero il fascino delle redini lunghe
In queste poche righe che intendo scrivere vorrei parlare di che cosa si prova a guidare un cavallo senza stare in sella.
Per anni sono stata solo un'amazzone, tra l'altro di quelle poco propense al lavoro alla longia: trovavo che stare a piedi fosse un'inutile perdita di tempo e che il cavallo potesse lavorare e progredire solo se montato.
Quando più di quindici anni fa ho incontrato il mondo dell'Horsemanship e poco dopo quello dell' Ecole de Légèreté, ho iniziato a vivere molto del mio tempo con il cavallo stando a piedi scoprendo che così, si potevano costruire solide basi di conoscenza e fiducia reciproche. Il lavoro alla longia o il lavoro alla mano sono infatti quello che spesso prepara il terreno per il lavoro montato così come l'horsemanship si occupa della costruzione del feeling mentale indispensabile alla crescita del binomio.
Ecco, ciò che accade quando si è alla guida di un rotabile è più o meno simile alla relazione che si ha quando si longia con maestria o quando si lavora in horsemanship. Il cavallo è davanti a noi, a volte parecchio lontano come nel caso delle carrozze, a volte decisamente più vicino come nel caso del sulky... ma ci sono sempre molti metri di redine che ci separano e nessun altro contatto (nemmeno quello visivo) se non quello diretto con la bocca, così sensibile e così maltrattata dai più.
Ed ecco qui gran parte della faccenda. Philippe Karl che nella sua equitazione ritiene di gran lunga più importante l'uso della mano rispetto all'uso della gamba, paragona la bocca alla porta di accesso al mondo del cavallo: come per entrare in casa il modo migliore è quello di farlo aprendo la serratura con la chiave giusta, così è il caso di non forzare in nessun modo questa parte anatomica tanto delicata per poter essere ospiti educati e non ladri indesiderati. Questa è tra l'altro una finezza che ahimé, non molti comprendono: sono entrati in casa, chi se ne frega del come! Al cavallo però gliene importa assai, ed ecco tutti i problemi di addestramento che ben conosciamo ma dei quali ora non voglio discutere.
Con un azzardo potrei definire allora quella con la bocca una delle relazioni (a livello tecnico) più intime che si possano avere con il cavallo e per me in ciò risiede il grande fascino degli attacchi : nel sapiente uso della mano e nell'intesa a distanza che si deve avere col proprio compagno di squadra. Con questo purtroppo non intendo dire che chiunque guidi un rotabile sia sensibile e accorto con le mani, intendo dire che c'è la grande opportunità di esserlo e di studiare a fondo questo rapporto.
Per me che per anni ho navigato nelle acque dell'equitazione classica francese, non vi è nulla di più stimolante e soddisfacente oltre che essere un meraviglioso banco di prova. Potrei dire, parafrasando un detto inglese "niente piedi niente cavallo, niente mani niente driver" !