Trotto
Così come mi sono trovata per coincidenze nel mondo degli attacchi sportivi, per un altrettanto bizzarro giro del destino, mi sono scoperta a 38 anni a varcare le porte dell'ippodromo di Padova. Avevo già fatto qualche piccola esperienza nel mondo delle corse, conoscendo quando ero più giovane, alcune persone che lavoravano nel mondo del galoppo. Non era però un ambiente che mi piaceva particolarmente ma ancor meno mi piaceva l'idea di frequentare il trotto. Troppe ne avevo sentite sui maltrattamenti inflitti a quei poveri cavalli, costretti da redini e strumenti troppo coercitivi a correre così tanto forte a un'andatura che normalmente non raggiunge quelle velocità! Un mondo da evitare, fatto di trucchi più che di tecniche, dove i cavalli altro non sono se non macchine da spremere fino all'ultimo.
Più di un anno fa però mi sono decisa, su suggerimento di un anziano maniscalco che per quarant'anni ha lavorato negli ippodromi ad acquistare per le mie gare di attacchi, per poche centinaia di euro, un trottatore. Il cavallo si trovava all'ippodromo e per vederlo e provarlo, era proprio lì che dovevo andare. Quando poi ho finalmente portato a casa questo trotter, mi si è aperto un mondo: era ed è un cavallo stallone ma docile, educato, intelligente e disponibile.
Tutti lo sanno che i trottatori sono bravi cavalli molto adattabili, ma se questo soggetto era arrivato perfettamente integro nel suo corpo e nella sua mente fino a dieci anni... forse qualcosa da imparare c'era anche in quegli 800 metri di pista!
Ecco dunque che molti mesi dopo ho iniziato il mio "lavoro" in ippodromo, al fianco di un noto allenatore che da più di 40 anni insieme alla sua famiglia, gestisce abilmente una bella e vincente scuderia.
Le scoperte sono state tante, la più grande e forse la più scontata è che la buona equitazione, sia che il cavallo lo si monti (all'inglese, all'americana o nell'endurance) o che lo si attacchi, è sempre fatta di poche è semplici cose.
L'ideale a cui tendere è sempre uno: fare il massimo nella più assoluta economia dei mezzi, rispettando le caratteristiche fisiche e psichiche di ogni cavallo per metterlo nelle condizioni di dare il suo personale massimo.
Non esistono dunque luoghi della buona equitazione, esistono innanzi tutto persone che col loro sapere e la loro dedizione sanno fare di un cavallo un buon cavallo e che ogni giorno, per questo, si mettono in discussione con estrema umiltà, anche dopo 40 anni di onorata carriera.
Spero con queste poche righe di aver risposto alle tante persone che mi conoscono e che in qualche modo sono rimaste colpite (alcune anche deluse) da questa mia scelta apparentemente del tutto incoerente col mio percorso precedente, strettamente legato all'etologia e alla Ecole de Légèreté.